Il divorzio breve è per noi tutti una condanna. Una condanna appena certificata da una politica che ha ormai abdicato al suo ruolo di guida sapiente, ma una condanna che è in realtà già presente in tutti noi. Divorzio breve non è solo la rescissione di un matrimonio, divorzio breve è la conclusione di un qualsiasi rapporto alla prima difficoltà. E’ paura di oltrepassare la frequentazione per assumersi un impegno in più, perchè la logica consumistica da centro commerciale ci fa temere sempre che ci possa essere qualcos’altro in giro che ci piace ancor di più e dunque si è alla costante ricerca di qualcosa di migliore dimenticandoci che l’importante non è il massimo bensì quel che ci fa star bene. E’ incapacità di tollerare e assimilare i difetti dell’altro, secondo una logica darwiniana da mito del progresso per cui non ha senso sorbirmi questi contro quando sicuramente al giro successivo la persona che troverò sarà migliore.
“Credete voi che ci sia più nobiltà d’animo e di arte ad immaginare in una sola unica donna tutto l’Eterno feminino, oppure che un uomo di spiriti sottili ed intensi debba percorrere tutte le labbra che passano, come le note d’un clavicembalo, finché trovi l’Ut gaudioso?” Così domandava D’Annunzio ne Il Piacere, ponendo tutti noi, maschi ma anche femmine, di fronte a un fatto: in fondo, tutto sta a che tipo di racconto si vuole scrivere. Purchè, tuttavia, della nostra vita si faccia un racconto.
E nel racconto di ogni donna, vi è sempre il sogno di incontrare il principe azzurro che la prenda con se’ per creare quel nucleo di univoci intenti di nome famiglia con cui marciare felici fino all’eternità. Così come sogno di ogni uomo, nonostante ogni sette secondi nel suo cervello faccia tappa una pin up, è essere quel principe azzurro. Perchè non vi è donna e non vi è uomo che stia bene da solo. La Natura ci ha fatti per esser completi soltanto in coppia e per sentirci a casa soltanto in famiglia. E se volete ridurre la vostra voglia di shopping, basta che da single diventiate felicemente accoppiati: il consumo di beni scema al crescere dell’appagamento dato dalle relazioni umane, quelle che ti penetrano dentro e ti conoscono. Ma la conoscenza è ormai démodé.
Il divorzio breve, dicevamo, è per tutti noi una condanna. In Italia, separazioni e divorzi aumentano a dismisura, in altre zone d’Europa si arriva tranquilli al 70%. Più significativa ancora la riduzione del tempo intercorrente tra matrimonio e separazione, in sempre più casi addirittura entro i primi due/tre anni. Il che significa che, nel giro di qualche anno, il popolo dei trentenni non sarà più un mucchio single in cerca della dolce metà con cui costruirsi una vita, ma un mucchio di separati in cerca di riciclarsi per riparare al fallimento precedente. Il principe azzurro continuerà a prendere la sua donna con il cavallo, ma dopo un paio d’ore la saluterà perchè quella sera tocca a lui tenere il bambino altrimenti la ex gli sguinzaglia l’avvocato.
Tutto ciò infrangerà i vostri sogni già in partenza. La donna si metterà con l’uomo già separato e con figlio e magari sarà anche contenta di avere già un pacchetto famigliare pronto che le consenta di sgravarsi dall’impegno di costruirselo. Ma rinunciando senza rendersene conto a essere la cosa più importante della vita di lui, non essendo la genitrice della cosa più importante per lui e dovendosi accontentare di un riassemblaggio in stile Ikea. Un principe azzurro che la condurrà all’altare della famiglia secondo un copione già adoperato con un’altra. Meglio non va all’uomo che si metterà con la donna già separata e con figlio, senza poter godere del primato di una donna che si fa creatrice in omaggio a lui. Dovrà accontentarsi di una replica di quel momento, che lei ha già concesso a un altro e che dunque perderà la sua specialità. Continueranno perciò a esserci coppie, ma con il forte rischio di non poter essere altro che coppie, due entità una accanto all’altra ma in realtà intimamente separate. Perchè asseblare una nuova famiglia dai cocci di una vecchia, ci vuole un senso di abnegazione moltiplicato. Ma il senso di abnegazione è ormai sconosciuto in un contesto nel quale nel momento dell’unione non vi è ormai più la sostituzione dell’Io con il Noi, poichè tutti rivendicano il diritto a mantenere sovrastante la prima persona singolare.
Vai a vedere che, ad uscir vincente, sarà chi si è preso giovincello e – rinunciando al piacere dettato dalla giostra del consumo di partners ed esperienze – ha permesso alle due entità non solo di accostarsi ma di fondersi e, concedendosi il difficilissimo lusso dell’unicità, si è garantito il presupposto per l’eterno. D’altronde, la via per la Felicità è lunga e mal concepisce i contratti a tempo determinato.
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