La vera sfida per chi amministra Milano è la riqualificazione delle periferie. Però tutti ne parlano senza proporre un metodo concreto e effettivamente realizzabile nel contesto delle possibilità reali dell’amministrazione comunale.
Il Lorenteggio-Giambellino è una delle periferie che più hanno bisogno di intervento. E ha un’opportunità: un grande progetto di investimento congiunto Regione-Comune della portata di circa 90 milioni di euro per la ristrutturazione delle case popolari del quadrilatero all’altezza di via Segneri. In più, l’ampliamento della rete metropolitana fa sì che tra qualche anno ci sarà proprio in quel punto una fermata della metropolitana, facilitando notevolmente il raggiungimento dal centro di quel quartiere.
Un potenziale che va assolutamente sfruttato perché rende possibile l’attuazione della visione che sto portando avanti: la trasformazione delle periferie in nuovi centri, secondo una logica di città multicentrica. Un progetto che deve essere sviluppato a partire dall’identità specifica di ogni zona, così da trovare il motore di sviluppo più adatto per avviare una riqualificazione che parta dall’istituzione pubblica ma che poi si autoalimenti da sola.
E in quest’ottica, il Lorenteggio-Giambellino ha un importantissimo appiglio: si trova in Zona 6. Provate a pensare a questa passeggiata immaginaria: partendo dalla Darsena, percorrete il Naviglio Grande dove si trovano le antiche botteghe artigiane e gli atelier degli artisti e il mercato dell’antiquariato, dopodiché attraversate il ponte di Porta Genova che è chiamato “Ponte degli Artisti” e vi trovate in Zona Tortona, la culla del design. Una passeggiata tutta immersa nella creatività, che proseguendo lungo le vie Tortona/Savona porta dritto nel bel mezzo del Lorenteggio-Giambellino, accanto al quale si trova la Barona che già è sede di associazione di street artist e simili.
Dunque, la cosa più intelligente da fare è allungare la traiettoria di questo tragitto creativo per far sì che i benefici economici turistici e culturali che questa connotazione stanno dando ai navigli e alla zona tortona arrivino fino alla periferia.
Come? Sfruttando, appunto, la street art. Proprio come avviene in altre grandi città internazionali: New York, Londra, Berlino, eccetera. Non graffiti (che creano degrao), ma vere e proprie opere d’arte selezionate da un’apposita commissione di esperti in modo da garantire la qualità.
I costi? Nell’ambito di un progetto da 90 milione di euro, sarebbero irrisori perché stimabili in poche centinaia di migliaia di euro, che sarebbero peraltro riducibili se non annullabili attraverso sponsorizzazioni e partnership con i grossi privati (si pensi ad es. alla Vodafone sita in fondo a Lorenteggio) che è fondamentale che vengano coinvolti nello sviluppo del quartiere.
I benefici? In tutte le città nelle quali vengono attuati questi tipi di progetti, l’elemento di interesse genera appunto attrazione. La gente è indotta ad andare in quello specifico quartiere da un fattore di interesse e nel periodo in cui resta lì, genera economia (basti pensare a quando andate a visitare una città, andate in un quartiere per vedere un luogo di attrazione e lì vi fermate per mangiare). L’organizzazione di eventi ad hoc (ad es. festival della street art) permette poi di aumentare e consolidare l’afflusso di persone. Tutte cose che consentono di rendere più bello e appetibile un quartiere, inducendo le persone a trasferirvisi e dunque cambiando la composizione della popolazione così che non sia più fatta da soli poveri e disagiati, rivalutando il valore delle case.
Il mito della Torre di Babele, Boulevard des Etats-Unis, Lyon 8ième
Un esempio concreto? Il quartiere “Etats Unis” à Lione, dove da un progetto di riqualificazione architettonica degli alloggi popolari ad opera di Tony Garnier basato su alloggi popolari che fossero moderni e umani, si è sviluppato su rsollecitazione dei residenti un progetto di riqualificazione artistica e culturale attraverso l’utilizzo delle facciate di quei palazzi che hanno portato alla realizzazione del “Museo urbano Tony Garnier”, facendo diventare quel quartiere periferico uno dei principali luoghi di attrazione per i turisti in visita a Lione.
I murales di Belfast
Che cosa dipingere? A Belfast e Berlino i murales sono utilizzati per raccontare la storia di quel territorio: un’interessante opzione identitaria che potrebbe far diventare il Giambellino un grande museo a cielo aperto sulla storia di Milano.
Risultato? La Zona 6 diventerebbe il distretto della creatività di Milano.
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