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  • vincenzosofo

Dietro la facciata della battaglia per gli pseudo diritti portata avanti dal DDL Zan

Aggiornamento: 24 giu 2021



La popolazione transgender si aggira intorno allo 0,5%.


Dal 2010 al 2018, parliamo di otto anni, i casi di segnalazione di discriminazioni o atti di violenza motivati da identità di genere sono stati 220. Ovvero una media di 27,5 casi all’anno. Allo stesso tempo, giusto per fare un confronto, solo nel 2019 i casi di segnalazione di discriminazione e atti di violenza contro i cristiani sono stati 118.


Come è possibile allora che la causa trans, che riguarda una minima frazione dell’umanità, sia recentemente diventata la madre di tutte le questioni e che goda di così tanta pubblicità a livello mediatico e politico? Come mai il tema dell’identità di genere è diventato centrale nel dibattito pubblico nonostante non esista in Italia alcuna reale emergenza di discriminazione di genere che richieda un intervento penale?


La risposta è semplice: dietro la facciata della battaglia per gli pseudo diritti portata avanti dal DDL ZAN, si nascondono un piano sociale, ideologico ed economico ben precisi.


L’obiettivo non è la tutela di un gruppo di cittadini che fa parte di un’esigua minoranza, ma una promozione ideologica: la distruzione della famiglia e del dualismo uomo/donna che sono la base della società, attraverso l’imposizione dell’ideologia del genderismo, che si basa peraltro su delle premesse la cui validità non è stata né definita né verificata,


Il DDL ZAN, da un punto di vista logico, cade nella fallacia della domanda sovraccarica (o plurium interrogationum): se chiedo ad una persona quanti panini ha mangiato, presuppongo che la persona abbia mangiato panini come dato di fatto e passo, senza scrutinio, alla domanda seguente e cioè a quali siano stati questi fantomatici panini. Nello stello modo, il DDL ZAN presuppone che tutti si identifichino con l’ideologia del genderismo.


Una vera e propria legge di militanza e propaganda politica il cui obiettivo finale da un punto di vista sociale è appunto la distruzione della famiglia. La tutela dei diritti della popolazione LGBT viene usata come base per compattare Europa e Stati Uniti verso un modello di società che distrugge l’identità, la famiglia e tutto ciò che è tradizionale offrendo un nuovo modello di identità molto fluido. L’articolo 8 del disegno di legge prevede addirittura l’introduzione di forme di indottrinamento nelle scuole di ogni ordine e grado delegate ad associazioni LGBT, senza alcun contraddittorio o voce plurale sui temi sensibili della sessualità. Lo Stato liberale si farebbe così Stato etico, ideologico e propagandista di un’ideologia specifica e antiscientifica.


Ogni caso di violenza è assolutamente da condannare ma parliamo di un disegno di legge per numero limitato di casi quando il nostro ordinamento giuridico già prevede precise tutele.


La narrazione che viene fatta ci fa credere che nell’idea paradossale in cui un uomo dovesse compiere atti di violenza o insultare una persona omosessuale non verrebbe punito. Niente di più falso. Il nostro sistema giuridico tutela tutti i cittadini dalla discriminazione, siano essi sostenitori dell’ideologia gender o meno, siano essi omosessuali o meno.


Nel Codice Penale sono già presenti tutti gli strumenti giuridici volti a perseguire e condannare chi si è reso colpevole di discriminazioni e violenze motivate dall’orientamento sessuale, e questo lo dimostrano numerose e severissime sentenze già passate in giudicato che hanno colpito persone che si sono rese protagoniste di atti contro persone omosessuali. Insultare o percuotere una persona omosessuale è un reato che ha la medesima gravità del colpire un eterosessuale, un disabile, una donna incinta o un bambino. E le pene per chi commette azioni delinquenziali sono presenti nel Codice Penale.


Inoltre, il DDL ZAN, rende punibili posizioni e pensieri, e quindi rappresenta un notevole rischio per la tutela di due libertà fondamentali e inalienabili: la libertà di parola e la libertà di pensiero, principi della nostra costituzione nonché principi di ogni democrazia moderna.


Qualora il disegno legge venisse approvato, cosa ne sarebbe della tutela del diritto di pensiero e di parola di tutti quei cittadini che, per motivi diversi, non si identificano con l’ideologia del genderismo?


ZAN, con il suo disegno di legge, non combatte la discriminazione ma intacca la libertà di parola e la libertà di pensiero. Il DDL, rende punibili posizioni e pensieri mettendo in gioco la più ampia libertà di opinione.


Un individuo, ad esempio, potrebbe non riconoscere i presupposti filosofici del genderismo e rifiutare l’idea di genere quasi in toto o semplicemente non accettare la validità epistemica di categorie come Queer, Transgender, ecc. Questo rifiuto costituirebbe,de facto una discriminazione indiretta? L’approvazione di questa legge rischierebbe di aprire a derive liberticide: potremmo diventare “omofobi per legge” ed essere chiamati a difenderci davanti ad un giudice per aver semplicemente affermato, ad esempio, che tutti i bambini hanno diritto ad un padre e una madre o che i trans non sono donne. Sarà possibile fare campagne contro l’adozione per coppie dello stesso sesso o si verrà accusati di omofobia/discriminazione? Non si sa, dipende dalla libera interpretazione dei giudici. Un pastore a Londra, per esempio, è stato arrestato perché predicava l’unicità del matrimonio uomo-donna; e un pasticcere negli USA è stato portato 10 volte in giudizio per discriminazione per essersi rifiutato per credo religioso di fare torta per unione omossessuale.


Il reato sembrerebbe poi essere costruito sulla individuazione più che di una condotta lesiva, del motivo discriminatorio, e quest’ultimo fa riferimento a categorie – identità di genere e orientamento sessuale – che sono controverse anche all’interno del mondo LGBT. L’assoluta mancanza di chiarezza e la genericità definitoria daranno la libertà a ciascun magistrato di dare la sua personale estensione a quelle categorie, con applicazioni disomogenee e arbitrarie.


Sostenere per esempio sulla base di considerazioni religiose e scientifiche che esistono differenze biologiche alla base dell’orientamento sessuale, rischia di apparire un “atto discriminatorio”.


Intendiamoci: ogni liberale aborre come illiberale ogni discriminazione, ogni offesa, ogni degradazione irrispettosa verso un individuo per i suoi orientamenti sessuali, come per qualche altra ragione, motivo o pretesto. Ma è vero anche nessun liberale può tollerare che la difesa degli omosessuali e transessuali comporti l’istituzione surrettizia di un nuovo reato di opinione per di più formulato in maniera talmente generica da poter colpire, o almeno zittire, chiunque esprima semplici opinioni in materia di sessualità di carattere scientifico, filosofico, antropologico o religioso.


Nessun liberale può poi accettare né che alcuni cittadini, da discriminati e ingiuriati, diventino, in forza di una legge, soggetti di diritti ad una protezione speciale che ne faccia una categoria privilegiata di cittadini né che si introduca surrettiziamente, attraverso una legge, un’ideologia da stato etico – come quella del “gender” – ancorché motivata dall’edificante e condivisibile proposito di prevenire discriminazioni, offese e violenze.


La seconda fallacia in cui cade il DDL ZAN è quella della contraddizione. Un esempio emblematico è quello dell’orwelliano “bispensiero”. Nel suo bellissimo nonché attualissimo libro ‘1984’, Orwell descrive con questo neologismo la strategia di indottrinamento con la quale il Partito propone come veritiere due credenze opposte sostenendo un’idea ed il suo contrario per non trovarsi mai al di fuori della norma e sempre nel giusto.


In una simile nota, il DDL ZAN afferma di voler contrastare le discriminazioni facendo anche riferimento ad altre categorie come quella religiosa, etnica, ecc. ma allo stesso tempo ponendo le basi per una discriminazione indiretta contro chi non è d’accordo proprio a partire da una visione religiosa.


Infine, ma non per importanza, bisogna interrogarsi sugli interessi economici che si nascondono dietro la battaglia per la tutela della lobby LGBT.


La causa gender rappresenta un fruttuoso affare di decine di milioni di dollari alimentato da alcuni degli uomini più ricchi del pianeta, tra i quali i soliti George Soros e Bill Gates, e sovvenzionato da alcune tra le più grandi e potenti multinazionali miliardarie mediche e farmaceutiche che investono milioni nelle associazioni LGBT per influenzare l’opinione pubblica.

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