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  • vincenzosofo

Ecco perché ho votato SI alla BCE garante dei titoli italiani e NO agli eurobond


La posizione che ieri come Lega abbiamo tenuto al Parlamento Europeo in merito agli eurobond ha suscitato moltissime polemiche, narrazioni incomplete, strumentalizzazioni e accuse di tradimento del cosiddetto interesse nazionale. Motivo per cui ho deciso di spiegarvi qui sotto che cosa abbiamo votato e perché dal mio punto di vista è stato giusto votarlo.

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Innanzitutto partiamo dal sostegno alle richieste base: abrogare il Patto di Stabilità per consentire ai paesi di finanziare la ripresa delle loro economie, rendere più flessibile il bilancio dell’UE, aumentare la condivisione della gestione dei fondi con gli Stati membri, rafforzare la politica di coesione e dare agli Stati membri la libertà di riassegnare gli stanziamenti in base alle loro necessità economiche e sociali. Cose per le quali l’UE ha già dato disponibilità o per le quali c’è poca discussione da fare in termini di necessità.

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Ma dai racconti dei media è stata del tutto censurato il nostro voto in sostegno di quella che sarebbe la soluzione più rapida e meno rischiosa per l’Italia per recuperare risorse per affrontare la crisi: far sì che la BCE faccia da prestatore di ultima istanza per gli Stati membri acquistando titoli di stato a lunghissima scadenza emessi da questi ultimi a tassi d’interesse molto più bassi rispetto a quelli che paghiamo attualmente.



Dopodiché veniamo al tema della discordia: il voto contrario a un emendamento dei Verdi circa la mutualizzazione dei debiti. Tema che si collega subito agli EUROBOND. Strumento interessante in prospettiva perché consentirebbe di superare il limite della soluzione BCE, cioè il fatto che il possesso di titoli di debito da essa detenuti dev’essere proporzionale al capitale detenuto da ogni banca centrale nazionale. E permetterebbero all’Europa di dotarsi di un asset sicuro.

Ma ci sono due problemi:

  1. Per emettere debito comune senza rischio di scontri e fratture tra popoli (perché nessuno vuole pagare per altri) serve un forte sentimento di comunità e di disponibilità alla cooperazione, presupposti ai quali Commissione UE, Eurogruppo e alcuni Stati hanno già risposto picche mandando di fatto, poiché il Parlamento non ha potere legislativo, per il momento l’opzione già in soffitta.

  2. Con gli Eurobond a recuperare risorse non sarebbero gli Stati ma l’Europa, dunque tutto dipende da chi e come poi ne gestirebbe l’utilizzo, da come verrebbero distribuiti ai vari Stati e se con condizioni o meno. Serve prima definire una strategia europea di investimenti, per settore e per territorio, che permetta un piano di sviluppo ai singoli paesi beneficiari della raccolta fondi europea in modo da tenere in equilibrio sovranità nazionale e dimensione comunitaria. Senza prima un chiarimento su questi punti essenziali il rischio è quello di finire nella trappola già vista con il MES.

MES al quale infatti ieri ci siamo opposti, diversamente da ciò che abbiamo fatto relativamente alla richiesta alla Commissione di avviare un massiccio pacchetto di investimenti per la ripresa e la ricostruzione a sostegno dell’economia europea dopo la crisi (il famoso RECOVERY FUND) che vada oltre l’azione di MES, BEI e BCE e che duri fino a quando avremo superato la crisi.

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Il Recovery Fund, se fatto e se ben fatto, potrebbe invece a mio avviso diventare un contesto interessante al quale associare gli Eurobond. Purché non siano usati come cessione di sovranità nazionale ma come strumento complementare e addizionale alla sovranità nazionale per aiutare gli Stati membri ad ampliare le fonti di finanziamento.

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Proprio quello che dovrebbe essere l’UE: non una sostituzione ma un potenziamento delle azioni dei singoli Stati. Ma è facile capire che in questa fase i tempi per farlo sarebbero tutt’altro che brevi.

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Questa è una fase molto difficile e complicata per l’Italia: che ha urgente bisogno di recuperare più risorse possibile per affrontare l’emergenza ma che deve evitare che altri approfittino di questa difficoltà per spolparla; che deve combattere questo modello di governo oligopolistico dell’Europa ma che non deve cadere nella tentazione di rinunciare ad avere un ruolo nella costruzione del futuro del nostro continente.

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E questo voto, per quanto mi riguarda, risponde proprio a questo obiettivo.

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