Oggi sui giornali si parla del gran ballo che per il primo anno si terrà alla Pinacoteca di Brera. Lo annuncia James Bradburne, che sembra il prossimo attore di 007 ma giuro che in realtà è un canadese vestito strambo come vuole il cliché dell’esperto d’arte arruolato da Franceschini come direttore della Pinacoteca.
Bradburne vuol rilanciare Brera e per farlo ha avuto un’idea – dice lui – un po’ pazza: lanciare un gran ballo su invito ispirato a La La Land, dove gli invitati saranno tutti rigorosamente pezzi grossi e possano danzare tra loro darsi le pacche sulle spalle tra loro e infine premiarsi tra loro, per mezzo di una rosa che sarà il simbolo del nuovo corso del museo insieme a un’essenza griffata per ambienti.
Riemerge così a Milano il vizio della sinistra radical chic di escludere i cittadini dall’utilizzo dei luoghi culturali più belli della città, così da renderli salotti a uso esclusivo dei ricchi che – si sa – si schifano un po’ a trovarsi gomito a gomito con noi plebei. Neppure usando l’Amuchina.
Questa concezione classista della cultura che ha già sortito i suoi effetti su La Scala: teatro simbolo di Milano nel mondo, una volta era cuore e apice della vita culturale dei milanesi (chiunque sognava di andarci almeno una volta nella vita), poi ha iniziato a snobbare i milanesi volendo restare un circolo per pochi e così è finito che oggi è la cittadinanza a snobbare La Scala in favore altre istituzioni più attraenti più vivaci più interessanti e più connesse con il tessuto cittadino.
Neppure le ex Piscine Caimi sono sfuggite alla cannibalizzazione: la Shammah, star della sinistra milanese, si è messa a capo di una cordata che ha raccolto 2 milioni di euro di contributi pubblici, 6 milioni tra donazioni e sponsorizzazioni varie, le ha ristrutturate, ha dato loro un nome sexy (Bagni Misteriosi) per poi applicare una tariffa di accesso per prendere il sole fino a quasi 20 €… Solo perché era sconveniente esporre fuori il cartello “Qui i plebei non possono entrare”.
Il timore ora è che Bradburne faccia diventare anche Brera sempre più glamour sempre più hollywoodiana ma sempre meno espressione di quel che è la storia la cultura e lo spirito autentico della città. Che non ha affatto bisogno, per svilupparsi, di essere condannata alla sindrome da showroom né di essere trasformata in location dove far ruotare eventi a ripetizione, ma deve diventare un luogo dove torni a esserci una quotidianità fatta di rapporti umani, di comunità, di servizi e di opportunità accessibili a tutti e presenti in tutti gli angoli. Anche là dove i radical chic non metterebbero piede neppure con l’Amuchina.
Del Corno, se crede davvero al mantra dell’inclusione e della cultura come motore, dia l’esempio e liberi la cultura milanese da questo razzismo nei confronti della gente normale: in fondo, se i radical chic possono fare salotto alla Scala, a Brera o ai Bagni Misteriosi e anche grazie ai soldi pubblici che giungono dalle loro tasche.
(tratto da Affaritaliani)
תגובות