Il MUDEC di Zona Tortona era stato lanciato dal Comune qualche mese fa come un posto rivoluzionario. Nella fretta di inaugurarlo prima di Expo, fecero arrabbiare persino la sua archistar perchè avevano sbagliato a montare il pavimento. Ma pazienza, il museo doveva partire per mettere una bandierina politica.
Risultato? Una struttura spettacolare, ma deserta.
Un flop di visitatori clamoroso. Ma che l’amministrazione per questo museo avesse pensato a tutto tranne che a renderlo interessante e attrattivo per la gente, lo si intuiva già dal fatto che – come ha raccontato il Corriere della Sera – neppure hanno previsto posti per sedersi. D’altronde, mica è stato creato sulla base di un’analisi sulle richieste della città bensì di una fossilizzazione ideologica: metterci il multiculturalismo a tutti i costi, come fosse il prezzemolo.
Per rimediare a questo errore e invertire la rotta, ecco arrivare esattamente il contrario di quello che ti aspetteresti in un museo delle culture: la mostra delle Barbie. Esempio lampante di un assessorato alla cultura miope che per raggranellare qualche quattrino che tappi il buco dei costi sostenuti per far partire il Mudec, si affida alle mostre di massa, le cosiddette “acchiappa-pubblico” (come spiegano diversi quotidiani e magazine)… Barbie, Gaugin e compagnia bella. Ossia, quello che già trovi a Palazzo Reale e in mille altri posti.
La domanda allora è: che senso ha fare un altro museo?
Milano è piena di musei. E sono tutti noiosi, statici. E molti la gente nemmeno li conosce. Milano è piena musei e lascia in stato di abbandono Brera. Milano continua a metter soldi nei musei, quando la gente – invece che nei musei – va nelle gallerie d’arte, nei luoghi dove si produce l’arte del presente e del futuro. La politica non ha ancora capito che Milano è contemporanea, non passatista.
Si prenda esempio da realtà private come la Fondazione Prada, loro sì capaci di interpretare lo spirito della città: superando il concetto di museo-mausoleo con quello di museo-laboratorio, dove le collezioni statiche si mescolano con le performance artistiche, creando un continuo riciclo di visitatori. E soprattutto musei che siano inseriti organicamente nel contesto territoriale di riferimento, in sintonia con l’anima del quartiere che li ospita.
Il Comune deve ripensare il Mudec e farlo diventare uno spazio contemporaneo, di avanguardia.
Zona Tortona è il quartiere del design, dell’innovazione, della sperimentazione. Non ci vuole molto a capire che lì non ci va un museo su altri mondi, ma un polo culturale che incarni e racconti questa natura, che è poi la natura di Milano; un luogo di arte contemporanea, di sperimentazioni artistiche, palcoscenico di tutto ciò che di nuovo sta nascendo. Una mostra sulla bicicletta sarebbe paradossalmente più affine a Zona Tortona di una sulle maschere africane, la street art certamente più delle Barbie. Il miglior Museo delle Culture possibile, è quello delle culture che stanno modellando la nostra città.
Prendete l’assessore Del Corno a braccetto e portatelo a fare un giro per Milano (quella della strada, non dei salotti): così, forse, capirà che cosa intendo.
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