Questa storia della “colata di cemento” che il Comune di Milano vuole riversare nel mezzo di Parco Sempione sta creando un bel casino. Gli ecologisti non ne vogliono sapere di ritrovarsi di nuovo tra i piedi, dopo anni e anni, l’installazione ‘Teatro continuo’ del famoso artista Alberto Burri.
Il cemento sul verde non piace a nessuno. Vero è che la Terra nasce fatta solo di verde e altresì vero è che senza cemento sul verde mai avremmo avuto il Duomo. Vero è persino che lo stesso Parco Sempione non è che una costruzione dell’uomo sopra ciò che aveva fatto la natura.
Milano ha bisogno di spazi di aggregazione. Anzi ha bisogno di luoghi di sfogo creativo. Milano è diventata troppo corsa all’ufficio, corsa sul tapis roulant, corsa nei salotti bene. Milano ha perso quel vitalismo che gli aveva permesso di dar vita al futurismo, al razionalismo e mettiamoci anche la moda e il design. Milano non è più avanguardia perchè non è più sperimentazione. Non è più sperimentazione perchè non è più aggregazione spontanea. Il concetto di un teatro pubblico all’aperto dove chiunque possa salire per farvi un concerto o recitarvi poesie, a me piace. Se ciò avviene in un parco dove c’è gente che può guardare, alzare le chiappe dal prato e imitare, a me piace. E’ altro il ‘cemento’ che fa male (anche l’ecologismo non deve diventare fanatismo), a partire da quello scempio di Expo Gate che avrebbe fatto dimettere in un secondo qualsiasi Sindaco, ma Pisapia no.
Il problema piuttosto è se il Comune stia facendo questa operazione con una visione, se abbia cioè intenzione di valorizzare l’installazione per farla diventare un valore aggiunto per il Parco, oppure se si tratta semplicemente di assecondare un’operazione (chi lo sa, magari di marketing indiretto) della Fondazione Burri, senza poi avere cura di mantenerla. Se così fosse, il ‘Teatro continuo’ è destinato a rivelarsi – per la seconda volta nella storia di Milano – nient’altro che un caso di degrado. E una dimostrazione dell’incapacità della politica di agire con una visione di comunità.
Di sicuro, un’amministrazione che propone di rispolverare vecchi aggeggi anni ’70 invece che incentivare la creazione di nuovi, dimostra di essere rimasta agli anni ’70. E il passatismo, si sa, non è mai una buona ricetta per andare avanti.
(del 12 marzo 2015)
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