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  • vincenzosofo

LA POLITICA DEVE OBBLIGARE LA GENTE AD ANDARE AL BAR

Nelle città serve un’azione politica che costringa la gente a tornare a frequentare i bar, perché a furia di frequentare Facebook sta distruggendo i suoi rapporti sociali.

Quando Facebook è venuto al mondo abbiamo festeggiato perché Zuckerberg ci aveva detto che avrebbe migliorato i nostri rapporti, permettendoci di restare in contatto con chiunque e dovunque. E la brama di contatti è la nuova paranoia che ci ha messo in testa la società contemporanea. Però contatti non vuol dire mica rapporti. Come mi fece scoprire una volta una mia amica che rividi dopo mesi che non ci ero più in contatto perché si era tolta da Facebook. E alla domanda di come fosse la nuova vita lontana dai social, mi rispose: ho ritrovato un sacco di amici.

In effetti Facebook facilita i contatti ma ostacola le conoscenze. Funziona grazie a una bacheca che ti aggiorna in continuazione sulla vita delle persone, le quali te ne danno informazione inserendo comunicati in una vetrina. E così accade tu ricevi notizie costanti sui tuoi amici e viene meno l’esigenza di sentirli per sapere come va. Perché già lo sai. E così magari passa un mese senza che i tuoi amici li hai sentiti e neppure te ne accorgi. Perché ti sembra di sentirli tutti i giorni. E quando li senti peraltro non sai neanche più tanto cosa dirti. Perché te lo ha già detto Facebook. Che però ti ha detto solo quello che voleva, perché da che il mondo è mondo nelle vetrine mica ci si mette tutto, ma solo quel che ci piace mostrare. Ed ecco che i tuoi amici non li conosci più.

Molto meglio in questo senso è il tentativo di Tinder, il social bistrattato perché spudoratamente finalizzato a trovare persone con cui uscire tramite app, ma che – preso atto che nelle città sia sempre più difficile conoscere persone in giro – perlomeno tenta di favorire l’incontro dal vivo. Eppure qui da noi non è riuscito a sfondare perché la gente ormai si è trincerata nel virtuale delle conoscenze da chat o da status Facebook. La gente non solo ha perso l’abitudine di approcciare persone nuove dal vivo, ma quand’anche le approccia grazie all’aiuto dei social, ha paura a passare dal virtuale al reale.

L’unico social network che può salvarci da questo genocidio di rapporti umani è il bar. Quello dove puoi conversare e litigare con gli amici guardandoti negli occhi e dunque dando sfogo anche alla comunicazione non verbale, che dà una conoscenza dell’altro che la vetrina si sogna. Quello sotto casa, dove gravita la gente del quartiere e quindi si crea clientela ricorrente e abituale e che pian piano diventa amicizia. Per cui, come sui social, ci puoi andare anche da solo; che poi, a differenza dei social, nel giro di poco ti ritrovi a passare il tempo con qualcuno.

Serve dunque attivare incentivi per chi crea luoghi di aggregazione vera. Non nelle aree della movida ma nei quartieri residenziali, perchè un tavolino fuori in una via di periferia è un invito alla socialità. Serve attivare incentivi per chi fa del locale un centro di vita, perchè un karaoke vale molto di più che una discoteca. E attivare sgravi e non oneri economici per chi insonorizza i locali per farci musica dal vivo. E magari ancora più sgravi per chi toglie il wifi e la copertura telefonica, così la gente smetterà di fissare lo smartphone e inizierà a fissarsi negli occhi.

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