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«Majorino mi chiama estremista perché difendo famiglia e identità»

(Intervista tratta da Il Giornale

Vincenzo Sofo, l’assessore Pierfrancesco Majorino la definisce «candidato di estrema destra in Consiglio comunale». Lei è di estrema destra?

«Definire la Lega estrema destra significa avere un quadro poco chiaro della politica. Un po’ come affermare che Beppe Sala sia di sinistra».

Ma nella Lega, con cui lei si candida, oggi non ci sono anche componenti più di destra?

«La Lega è l’unico movimento identitario dello scacchiere politico. Ed essendo Salvini il punto di riferimento di questa opposizione, è inevitabile che ciò avvenga».

È il suo caso? Oppure lei ha una storia da leghista «puro»?

«Io sono leghista dal 2009, prima avevo avuto esperienze giovanili indipendenti, con una parentesi breve nella destra di Storace, ma il mio unico vero impegno politico è quello nella Lega e delle Lega è la mia unica tessera».

Cos’è il sito il Talebano?

«Anche un circolo culturale che ho fondato. Ne sono punto i riferimento politico ma non sono solo. L’abbiamo chiamato così per provocazione, per dire che dobbiamo uscire dal pensiero unico».

Quindi intento dissacratorio?

«Sì, dissacratorio, provocatorio anarchico da un certo punto di vista. Identitario. Il modello è l’identità, la tradizione, che non hanno a che fare con l’integralismo ma neanche con le sceneggiate delle Femen. Proponiamo una società basata su tradizione, appartenenza, comunità».

Majorino le ha attribuito una frase che si può definire omofoba.

«Io penso che lui sia frustrato dal fatto che voleva essere candidato sindaco. E sta cercando di sindacare sulle liste altrui. In questa foga ha commesso un errore, perché la frase che cita non è stata detta da me ma da altre persone. È andato in fuorigioco. Poi ci sarebbe sa discutere sulll’omofobia».

Cosa vorrebbe dire?

«Che stanno facendo dell’omofobia un uso strumentale. Chiunque osi difendere la famiglia viene bollato come omofobo. Sembra che Majorino stia strumentalizzando gli omosessuali. E ci sarebbe da verificare quanto siano rappresentati dalle associazioni lgbt. Poi c’è una dittatura del linguaggio che la politica vuole imporre e che è distante dal linguaggio della realtà. Anche quello era solo un gergo che non c’entrava nulla col tema omosessuali. Per esempio, a volte si parla di terroni. Posso farlo anche io, di origini calabresi».

Lei vuole difendere la famiglia. Che farebbe se fosse eletto?

«Si è fatto polemiche per un manifesto in cui dicevo che dobbiamo togliere il monopolio delle politiche sociali alle associazioni lgbt e aiutare chi vuole fare figli. Oggi i trentenni come me hanno problemi. Il secondo tema è quello dei bisognosi, delle case popolari. Io mi sono trovato come consigliere di zona a fare raccolte di fondi per due senzatetto che rischiavano di essere buttati fuori dalla casa popolari, ed erano abbandonati dalle istituzioni italiane. Il primo tema è questo: le periferie, oggi abbandonate. Serve un modo nuovo di sviluppare la città che abbandoni l’idea della città concentrica».

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