Pisapia per un giorno si è rifiutato di fare il sindaco e si è presentato alla commemorazione ufficiale di Sergio Ramelli senza indossare la fascia istituzionale. Uno scherno di pessimo gusto a una vittima e ai suoi famigliari che si somma al presidio organizzato dai soliti centri sociali e capeggiato da Limonta (braccio destro di Pisapia) per protestare contro l’altra commemorazione di Ramelli, quella popolare, avvenuta in viale Argonne.
Per rendervi conto di quanto sia vergognoso il boicottaggio culturale che nel 2016 la sinistra milanese ancora cerca di compiere su una vicenda così drammatica, basta leggersi come Ramelli sia stato ammazzato quel 29 aprile 1975 (leggi qui, Chiavi inglesi per la democrazia: la storia di Sergio Ramelli).
Milano DEVE ricordare degnamente questa vicenda perché questa vicenda è un simbolo per Milano. Milano deve fare in modo che questa vicenda entri ufficialmente nella sua storia, si inserisca definitivamente e inequivocabilmente nel suo territorio. Milano deve fare di Ramelli un pezzo riconosciuto della sua identità e lo deve fare soprattutto dopo che Pisapia e compagni per 5 anni hanno cambiato nomi di piazze e giardini intitolandoli a loro simboli politici e hanno riempito le strade della città con murales inneggianti alla loro lotta politica.
Ecco. Per Ramelli in città serve un grande murales. Perché il murales perché è arte di strada e dunque il miglior modo per ricordare una storia compiuta sulla strada. Ma non uno come quello fatto per Dax, sfruttato per fomentare odio. Uno come quello per Bobby Sands a Belfast. Un grande murales positivo che lo sottragga al conflitto e alla censura politica dando come messaggio: Ramelli è parte dell’identità di questa città.
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