Il progressita Cecchetti ha colpito ancora, votando a favore del patrocinio di Regione Lombardia al Gay Pride 2015. Facendo in modo che questo evento possa sfoggiare il simbolo dell’istituzione lombarda, il vicepresidente del Consiglio Regionale ha mandato in confusione l’elettorato di un movimento che lavora per rafforzare il carattere identitario e comunitario del territorio per cui combatte. Ma ha fatto anche il bene di questo movimento.
CECCHETTI HA FATTO MALE. Non c’è in questo caso bisogno di scomodare le tesi circa la differenza tra aspetto individuale e aspetto comunitario per dimostrare come non sia politicamente saggio cadere nella trappola della retorica sui diritti civili come fattore di distruzione di ogni base sociale. Semplicemente perchè è fin troppo facile rendersi conto che i diritti civili possano essere difficilmente accostabile a una carnevalata fatta di gente travestita che gira per le strade con il pisello di fuori simulando atti pornografici. Il Gay Pride è la negazione del diritto civile, è la negazione della dignità della persona, è la negazione di ogni possibilità di rivendicazione sociale. Il Gay pride è la mercificazione di una condizione intima per farne oggetto di intrattenimento, di marketing, di consumo, di business (la pretesa di qualche tempo fa dell’Arcigay di essere destinatario di una quota di appalti Expo in nome dei diritti dei gay ne è prova lampante). Essendo nei fatti il Gay Pride la negazione di ciò che rivendica di essere, i progressisti dovrebbero essere i primi e più accaniti oppositori di questa manifestazione.
CECCHETTI HA FATTO BENE. Ha fatto bene a votare secondo sua coscienza, invece che secondo logiche di disciplina partitica. Soprattutto stante il fatto che la Lega Nord è tutt’ora ancorata sulla vecchia impostazione secondo la quale i temi etici erano lasciati – appunto – a libertà di coscienza, non essendo ancora entrati nell’attualità politica. Oggi invece lo scontro ideologico in stile destra/sinistra è venuto meno, soppiantato proprio dalla contrapposizione circa il modo di vivere dentro la società. Con la sua discussa decisione, Cecchetti costringe – motivo per cui lo abbiamo benedetto – il movimento di fare i conti con il presente. La Lega ha necessità di un ‘congresso di idee’, dell’avvio di un percorso di confronto sui contenuti necessario a riempire il nuovo progetto avviato da Matteo Salvini, che – se vuol essere di grandi dimensioni – per forza di cose si troverà a contenere diverse anime. L’importante è tirarle fuori e certificarle, come pesi e come qualità. La base militante ne ha una voglia pazzesca, vuol sentirsi partecipe e vuole che la propria dirigenza tiri fuori il coraggio di aprire le danze.
In questo, Cecchetti ha dimostrato di essere molto talebano. Motivo per cui, dopo il 31 maggio Il Talebano sarà lieto di sfidarlo.
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