Se vogliamo porre fine a questo attacco all’Europa, non è contro l’Islam che dobbiamo scagliarci. Il sangue di Parigi con la religione c’entra poco.
Il sangue di Parigi c’entra con la politica. La religione per l’Isis (che non vuol dire Islam) è il pretesto per giustificare la sua propaganda islamista (che non vuol dire islamica) atta a espandere il Califfato, che vuol esser Stato e non Chiesa. L’Isis è politica e ha rivendicato la strage di Parigi in modo del tutto politico: punizione per l’attivismo guerrafondaio della Francia in Nord Africa e Medio Oriente. L’Isis è politica ed è il prodotto della politica, quella Occidentale. Quella che ha il vizio oscuro di usare il pretesto della democrazia e della libertà (proprio come gli islamisti usano l’Islam, perché ognuno ha i suoi dogmi) per portare destabilizzazione povertà e distruzione in Paesi stranieri per tutelare i propri interessi strategici.
Anche i sassi sanno che Bin Laden, l’Isis e compagnia bella nascono per mano dell’Occidente; anche i sassi sanno che l’Occidente non vede l’ora di distruggere la Siria di Assad, che pure è in prima fila nella lotta contro l’Isis (musulmani contro musulmani… ecco che non è roba di religione) e che commentando gli attentati di Parigi ha ricordato: “in Francia ieri è successo qualcosa che in Siria avviene da 5 anni“. Anche i sassi conoscono l’odio occidentale per la Russia di Putin, che però è l’unico alleato di Assad in questa guerra agli islamisti e alla quale nessuno ha espresso solidarietà in stile #JeSuisRussia per i 200 morti di qualche giorno fa, anche loro per attentato. Anche i sassi si ricordano che è stato l’Occidente a distruggere la Libia di Gheddafi, porta principale dell’attuale diaspora immigratoria, il quale prima di morire avvertiva: “O me o Al Qaeda. L’Europa tornerà ai tempi del Barbarossa. […] Se si minaccia, se si cerca di destabilizzare, si arriverà alla confusione. Avrete Bin Laden alle porte, ci sarà una jihad di fronte a voi”. Qualcosa non va, ma a non andare è la politica non la religione.
Il sangue di Parigi c’entra con lo scontro tra inciviltà. Ed è anche questa politica. Perché l’attacco a Charlie Hebdo, ci ha messo di fronte all’esplosione di un conflitto tra due degenerazioni di società: fondamentalismo religioso e fondamentalismo libertario. Non Islam contro Cristianesimo ma Isis contro Femen, come racconto in ‘Scontro tra inciviltà‘. Qualcosa non va, ma a non andare è la società non la religione.
Per salvare l’Europa, la vera chiave non è dunque una guerra fuori dall’Europa ma una guerra dentro l’Europa. Quella contro governanti che finanziano terrorismi per condurre guerre imperialiste; e impongono aperture scellerate di confini e campagne scellerate di accoglienza (#WelcomeRefugees) per importare all’interno le genti che a causa del nostro imperialismo cadono in disgrazia. Quella che lascia queste genti importate nelle periferie delle nostre città a coltivar disagio e odio (vedi rivolte delle banlieu). Quella dei #JeSuisCharlie che sono manna dal cielo per il fondamentalismo che gioca sull’incompatibilità tra due civiltà per trasformar quest’odio in azione terrorista. Quella che promuove politiche che stanno annientando l’identità dei popoli europei rendendoli così deboli e inermi di fronte alle altre civiltà.
E poi gli attentatori non erano immigrati ma europei. E così lo Ius Soli aggiunge la beffa al danno: perché se ci pensate, formalmente non è omicidio ma suicidio. Gli attentatori non erano immigrati ma nati in suolo europeo e questo fa capire che per vincer questa guerra bisogna puntare alle seconde generazioni, non escludendole ma anzi includendole nell’identità del Paese in cui si trovano. Ma per farlo, bisogna prima avere un’identità.
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