Ogniqualvolta la nostra Nazione è chiamata a confrontarsi con un una profonda crisi economica le ricette per la “rinascita” sono sempre le stesse: redditi di emergenza, sussidi una tantum a fondo perduto e, quando la situazione si fa veramente seria, incentivi all’indebitamento. Risultato? Nessuno sviluppo per la nostra economia, mentre il debito pubblico continua a crescere vertiginosamente. Decenni di politica economica fallimentare hanno trasformato i cittadini da potenziali motori della ripresa in soggetti statici, che vivono nell’attesa dell’intervento statale per riuscire a sopravvivere. Lo Stato non incentiva lo sviluppo, ma crea dipendenti.
C’è bisogno di un cambio di rotta. L’emergenza Covid-19 ha rivoluzionato il sistema economico europeo, sono saltati gli schemi neoliberali e ora anche la “dittatura della concorrenza” inizia a scricchiolare. Bene, lo Stato si riscopra sociale, superando il suo ruolo meramente assistenziale e creando reale sviluppo.
Non servono né finanziamenti a fondo perduto, né sussidi temporanei, servono investimenti che siano in grado di proiettare in sistema nazionale nel futuro, non semplicemente di tamponare le conseguenze di una crisi che periodicamente si ripresenterà.
Serve che l’Italia inizi ad investire strategicamente le proprie risorse, ovvero stanziando fondi alle imprese con la promessa, da parte di quest’ultime, di acquistare debito pubblico all’interno di una programmazione pluriennale.
L’alternativa, rivoluzionaria nella sua semplicità, è che lo Stato investa direttamente nel tessuto produttivo esistente e, invece di richiedere l’acquisto del debito pubblico, ceda le quote della propria partecipazione ai lavoratori.
Se non altro in questo modo si darebbe attuazione a quanto previsto dalla Costituzione: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende” (art. 46).
Non abbiamo la presunzione di aver trovato la ricetta magica per superare la crisi, ma discutiamone, confrontiamoci, perché l’unico modo che abbiamo per salvarci è spiegare le ali per spiccare il volo, non continuare a girare su noi stessi nell’attesa che qualcuno venga a porgerci la mano per salvarci.
Giulio Salvatore
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