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Bossi vuole sviluppare il Sud? Serve un asse Lombardia-Sicilia per il referendum autonomista

Umberto Bossi con l’intervista di oggi a Libero (riportata qui sotto) si conferma animale politico per eccellenza. Fermo restando il bene del Nord come suo obiettivo, prende atto dell’impossibilità odierna di raggiungerlo con la secessione e traccia l’unica strada percorribile: sviluppare il Sud per il bene di tutti. Ecco allora un’occasione politica ghiotta per abbattere Renzi, cui piovono addosso accuse trasversali di aver fallito nella Questione Merdionale: in Lombardia, Maroni ha annunciato un referendum per l’autonomia (rafforzato dagli ultimi dati che dimostrano come il governo centrale trattenga tutte le risorse fiscali dei lombardi senza nulla restituire al territorio); in Sicilia, lo scrittore Buttafuoco sta promuovendo un referendum per togliere alla sua isola lo Statuto Speciale (strumento di clientele, sprechi e privilegi) in nome di una vera autonomia. Ed è proprio da un alleanza tra Lombardia e Sicilia che può partire l’attacco al centralismo renziano in nome di una nuova Italia di patrie sovrane.

Umberto Bossi dà appuntamento a Libero in un bar a un passo da Montecitorio. Sul tavolino il caffè e un posacenere. In bocca il solito sigaro.

Bossi, iniziamo da Renzi. Che ne pensa? «Per ora ha il potere in mano, ma deve risolvere due problemi: il primo è che il Nord sta pagando troppe tasse, ci sono 100 miliardi di residuo fiscale di cui 60 solo dalla Lombardia. L’altro problema è il mancato sviluppo industriale del Sud, causato anche dalla sinistra ai tempi del consociativismo».

Dalla sinistra? «Certo! Ha provato a imporre un modello americano o russo, cioè ha spostato al Sud la grande industria. Ma senza indotto produttivo è stato un fallimento su tutta la linea».

Fatto sta che si parla della questione meridionale da decenni, e anche voi che siete stati al governo non l’avete risolta… «Ora, per la prima volta, il Nord è favorevole allo sviluppo industriale del Sud perché in questo modo anche il Sud avrebbe i soldi per pagare le tasse, che altrimenti sono tutte a carico del Nord. Ma vanno sviluppate le piccole e medie imprese».

Parla come se avesse archiviato per sempre la secessione. O no? «Dico che il Nord deve decidere se scappare o se investire nello sviluppo industriale nel Sud. E poi…».

E poi cosa? «Oggi, per l’ennesima volta, stanno pagando i lavoratori del Nord. La riforma Fornero ha cambiato la previdenza, con l’Inps che ha assorbito l’Inpdap degli ex statali. Peccato che proprio lo Stato non abbia versato i contributi, e ora l’Inps è costretto a pagare quelle pensioni con i soldi degli altri lavoratori. Vergogna, lo Stato è il primo a non applicare le leggi».

Quindi serve la secessione? «Gliel’ho detto, o si scappa oppure bisogna creare lo sviluppo del Mezzogiorno, incentivando gli artigiani».

Salvini sta battendo la seconda strada. Non parla di secessione e vuole sbarcare a Sud. «Salvini ha il problema di tutti i leader: quando ci si presenta agli elettori, loro ti chiedono cosa gli dai in cambio. Cosa può offrire al Sud? Mi pare che Salvini non si sia ancora pronunciato. O scappiamo con l’ indipendenza, o il Nord si guadagna il paradiso cercando per l’ ennesima volta di far sviluppare il Sud. Ma temo sia difficile, soprattutto con la sinistra al governo».

Anche il centrodestra non è riuscito a combinare granché… «In tanti anni la sinistra non ha mai parlato ai piccoli e medi imprenditori, preferendo le grandi industrie perché gli stabilimenti hanno i lavoratori che sono proletari. Ora il Nord deve respirare, il Sud è una palla al piede. Chieda al povero Maroni: la Lombardia regala a Roma circa 60 miliardi l’anno…».

Maroni ha lanciato il referendum per chiedere l’ autonomia della sua Regione. «Se passa quello, Roma non può più far finta di niente».

Be’, ma il referendum non garantirà automaticamente più soldi e federalismo alla Lombardia. «Non si può governare avendo contro Lombardia, e poi a ruota Veneto e Piemonte. Noi siamo impegnati a ottenere dei risultati democraticamente, ma ci rendiamo conto che non si può dialogare con chi non è democratico o se ne frega della democrazia».

Ripetiamo: anche voi non avete cambiato le cose. «Eh no, il federalismo fiscale era passato alla Camera e al Senato, ma poi Napolitano e Monti hanno bloccato tutto! Sono stati brutti segnali per il Paese, perché ora fatica a rialzarsi. E il Nord fa bene a pensare alla secessione».

La secessione non è arrivata per gli errori della Lega o per la freddezza dei cittadini del Nord? «Diciamo che la gente si aspettava un miracolo, senza intervenire direttamente. Ma chi vuole la rivoluzione deve intervenire».

Ora il tema della secessione è scomparso dal dibattito. «A Bergamo si dice sóta la sènder brasca, sotto la cenere c’è la brace. Il problema dell’oppressione del Nord c’è sempre».

C’è stato un momento in cui ha creduto davvero di poter dividere l’Italia? «Sì, all’inizio credevo di farcela. Nel 1996, quando andammo sul Po, c’era la volontà di rompere gli indugi e andare subito a bersaglio. Ma poi il sistema è intervenuto, è riuscito a crearci degli indugi».

A cosa si riferisce? «Per esempio agli attacchi contro di me, che si sono rivelati falsi. Guardi anche la faccenda dei soldi alla mia famiglia. Tutto falso. Hanno fatto un processo senza indagini. Non si spiegano queste cose, se non con la volontà di colpirmi e fermarci».

Nel 1998 ci fu un’altra mobilitazione leghista particolarmente calda, davanti al carcere di Modena per chiedere la liberazione dei Serenissimi che avevano occupato il campanile di San Marco. Ricorda? «Certo! La gente spingeva ai cancelli, volevano prendere per il collo i guardiani».

Ma lei fermò la folla. Alcuni indipendentisti non gliela perdonano, dicono che lì poteva davvero scattare la rivoluzione. «Ammetto che mi preoccupai, fermai la folla, pensai: qui dobbiamo cambiare democraticamente. Forse quella sera avremmo cominciato la rivoluzione, ma resto convinto che la via democratica resti la migliore. Anche se…».

Anche se? «Forse, per svegliarsi, la gente aveva bisogno di un martire. Forse, se mi avessero arrestato perché chiedevo la libertà del Nord, la storia sarebbe cambiata».

Dicevamo dello scandalo dei soldi della Lega. La contabile, Nadia Dagrada, ha detto in tribunale che lei non ne sapeva nulla. «Sono incazzato nero!».

Spieghi. «Sapevo quello che avrebbe detto in tribunale, perché affrontai subito Nadia e le dissi: “ma è vero che abbiamo pagato la macchina a mio figlio?”. Io ho sempre pagato tutto! Lei mi disse che mi avevano tenuto all’ oscuro delle manovre di Belsito perché non volevano farmi soffrire, ovviamente l’ ho mandata a quel paese».

Ma è vera ‘sta storia dei soldi? «Fosse stato vero, avrei dato dei calci in culo. Ma è stato tutto montato ad arte. Pure i lavori in casa mia… Ho pagato tutto io!».

Fatto sta che negli ultimi tempi si sta prendendo delle soddisfazioni in tribunale. La Dagrada la scagiona, e nella sua Varese trasferiscono il pm Abate che fu tra i primissimi a farle causa. «Quella di Abate è una storia vecchia, ormai ho dimenticato».

Non è arrabbiato coi giudici? «Certo che non tutti i giudici lavorano bene e ci sono processi che non finiscono mai. Però, nonostante la magistratura abbia colpito anche me, penso che di fronte all’ evidenza dei fatti si convincono anche i magistrati. Non ci sono solo pecore nere ma anche pecore bianche».

Chi sarà il candidato premier del centrodestra? «Berlusconi vuole farlo ancora».

Però si dice che Berlusconi apprezzi pure Zaia, e che a Palazzo Chigi vedrebbe meglio il governatore veneto piuttosto che Salvini. «Zaia è equilibrato, a volte è forse un po’ lento ma alla fine riesce a stare in equilibrio. Sarebbe un ottimo premier. Ma Berlusconi…».

Ma Berlusconi non molla. Non dovrebbe dimenticarsi di Palazzo Chigi una volta per tutte? «Lo dica a lui».

Lei lo sente? «È da un po’ che non lo sento. Posso dirle una cosa? Per certi versi l’ uomo è migliorato, è meglio di come l’ hanno dipinto i giornali e certa politica. È un generoso, ha una sensibilità rara. Ha raggiunto un equilibrio e in lui ho visto anche cose positive. In quei posti, quando si raggiungono certi ruoli, si fanno avanti molti che vogliono primeggiare. Non è facile gestire le situazioni. Ne so qualcosa…».

A cosa si riferisce? «Contro di me non avevano e non hanno prove, ma mi sono dimesso per salvaguardare la Lega. Massacrando me avrebbero massacrato la Lega e un politico deve sapere quando farsi da parte. Tanto il tempo mi darà ragione».

Si è sentito tradito da qualcuno, per esempio da Maroni? «Non voglio parlare di queste cose, è il sistema che voleva far fuori me. Certo, qualcuno dei nostri mi ha accoltellato. Sa come si dice? Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io».

E che ne dice di Salvini? Può fare il premier? «Prima, farebbe bene a imparare e a fare esperienza. Lui ha davanti una vita, non deve avere fretta».

Quindi Salvini dovrebbe candidarsi sindaco di Milano? «So che si sta facendo avanti Sgarbi, un uomo di cultura per una città capitale della cultura».

Sgarbi sarebbe il suo candidato ideale? «Non mi faccia dire cose che non ho detto. So che si è fatto avanti».

Beppe Grillo, invece, anziché fare un passo in avanti ne vuole fare uno laterale. S’ è già stufato? «Non lo so, quando metti in piedi un movimento così poi non puoi più fare le cose di prima ma non credo voglia uscire di scena».

Che voto dà a Renzi, da 1 a 10? «6».

Motivo? «La qualità migliore, e che a un certo punto ha convinto Berlusconi ad appiccicarsi a lui, è che ha svecchiato la sinistra rendendola quasi europea. Ma la sinistra non è capace di sistemare il Paese, ci deve pensare il centrodestra con una riforma per abbassare le tasse e garantire lo sviluppo del Sud».

Voto a Maria Elena Boschi. «6, ma alle volte merita 5. Vediamo come esce dai problemi di queste settimane: pure lei deve capire quando conviene staccarsi dalla poltrona».

Voto a Berlusconi e Salvini. «Meritano 7 e anche 8, ma un voto così alto glielo do solo se riescono a fare il programma elettorale con le cose che ho detto. Meno tasse e sviluppo del Sud».

Quindi lei non ha dubbi: l’ alleanza va ricostruita. «È l’ unico modo per vincere».

Ma se non cambia l’ Italicum, sarà necessario creare un listone unico di centrodestra. «Subiamo le scelte di Renzi che vuole uccidere gli avversari».

Per i leghisti sarà uno choc non vedere il simbolo sulla scheda. «Combatteremo con le armi che abbiamo».

Tra quanto si va a votare? «Ancora un anno, non di più. Renzi sa benissimo che più resta e più si rovina».

di Matteo Pandini

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