Il 22 Ottobre si terrà il referendum di Lombardia e Veneto per avere mandato per chiedere allo Stato di trattenere sul territorio una quota maggiore delle tasse che queste regioni generano e di gestirle in loco.
Alcuni – come gli intellettuali Marcello Veneziani e Alessandro Campi – evidenziano un’incoerenza tra la richiesta di autonomia del duo Maroni-Zaia e il progetto politico nazionale di Salvini, ritenendo questo referendum un primo passo per spaccare l’Italia e solleticando così i timori del popolo meridionale (in buona parte residente al nord) e in generale dei sostenitori dell’unità nazionale.
In realtà questa iniziativa è l’occasione per chiedere un nuovo modello di collaborazione tra territori che possa finalmente dare sviluppo a tutta l’Italia e creare quell’armonia tra regioni fino ad ora mai realizzata ma necessaria per avere un Paese unito e funzionante. E infatti lo stesso quesito referendario circoscrive la richiesta di autonomia all’interno di un quadro di unità nazionale
La Lombardia ad esempio oggi lamenta un residuo fiscale di 54 miliardi di euro. Cioè ogni cittadino residente in Lombardia versa allo Stato circa 5.200 euro all’anno in più rispetto a quelli necessari per i servizi che riceve sul suo territorio. Soldi che vengono utilizzati dallo Stato per politiche stabilite a livello centrale tra le quali ad esempio quelle per lo sviluppo del Sud, che al contrario riceve in spese per servizi più di quanto versa.
Ciò non vuol dire però che i cittadini meridionali stiano usufruendo di questi servizi. Il Decreto Sud appena approvato dal Governo prevede ad esempio oltre 3 miliardi per interventi che si aggiungono ai circa 450 miliardi già investiti dallo Stato negli ultimi 60 anni e che però pare non abbiano dato alcun frutto, viste le condizioni del Mezzogiorno. Basta pensare al celebre Ponte sullo Stretto per rendersene conto: preventivo iniziale di circa 6,5 miliardi, preventivo finale lievitato a 8,5 miliardi, 1 miliardo già speso senza aver fatto nulla. E intanto in Scozia, con 1,6 miliardi è stato realizzato in 6 anni un ponte lungo 55 chilometri.
Una maggior sovranità dei territori sulle loro risorse può realizzarsi coinvolgendoli nella governance delle politiche per le quali si chiede loro aiuto, in un quadro di unità nazionale dato dal fatto che sia lo Stato centrale a determinare le politiche per le quali chiede risorse ai territori (es. costruzione Ponte sullo Stretto). Tradotto: lo Stato chiede alla Lombardia risorse per costruire il Ponte, la Lombardia partecipa al progetto di costruzione per assicurarsi che ciò avvenga e che avvenga in modo efficiente evitando sacrifici economici a vuoto.
Così il Nord ha certezza di non sprecare i soldi e il Sud di avere realmente lo sviluppo. E se il Nord esportando il suo modello efficiente può anche riuscire a risparmiare su questi soldi, il Sud finisce di essere oggetto di speculazione per alimentare la macchina burocratica. E rasserenandosi i rapporti tra territori che devono stare insieme, l’unità nazionale si consolida anziché – come alcuni dicono – compromettersi.
Ecco perché anche per meridionali e nazionalisti questo referendum è un’opportunità, a differenza di quanto detto in questi giorni da due meridionali e nazionalisti come Veneziani e Campi: parola di uno nato a Milano ma di sangue calabrese, politicamente “di destra” ma per i motivi di cui sopra tesserato Lega dal 2009.
(pubblicato su Affaritaliani)
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