Le critiche mosse dal premier austriaco Kurz e dal movimento tedesco Afd al governo italiano non devono sorprendere i sovranisti italiani. Se da un lato infatti i sovranismi europei condividono tutti delle battaglie comuni (vedasi lotta all’immigrazione), dall’altro lo fanno perchè perseguono l’interesse dei rispettivi Paesi. Tuttavia non da tutti questi Paesi possiamo sperare che parta il processo di cambiamento (di riequilibrio) dell’Europa: come scrissi un mese fa su L’Incorrect, questo cambiamento di certo non hanno interesse ad avviarlo i tedeschi e difficilmente può partir da chi con i tedeschi è profondamente legato. Bisogna invece puntare sulla Francia che, non a caso, ci sostiene anche da sinistra.
Il nuovo millennio ci consegna un panorama internazionale molto cambiato rispetto al secolo scorso: l’Europa oggi non è più il centro del mondo. Economicamente e demograficamente, gli altri continenti stanno prendendo decisamente il sopravvento sull’Europa. E ciò non significa soltanto che ci sono Stati extraeuropei (vedi Usa, Russia, Cina, India) con i quali nessuno Stato europeo riuscirebbe a competere, bensì che l’unica entità europa che può pensare di competere con essi è l’Europa presa per intero.
Una prospettiva che ha ben compreso la Germania, la quale ha dunque lavorato al progetto europeo attuale – tralasciando ogni excursus storico – concependolo come un suo spazio di influenza per avere maggior peso in questa competizione internazionale; non è un caso che nella fotografia economia sopra menzionata la Germania sia l’unico Stato europeo a contenere la riduzione del suo peso specifico. Il problema è che questa unicità la Germania l’ha raggiunta a spese degli altri Paesi UE, ad esempio trasformando l’Europa dell’Est in una sua piattaforma industriale, occupando il comando delle istituzioni europee e imponendo un surplus commerciale ben al di sopra del limite del 6% previsto dai Trattati europei.
Un predominio che ha ora causato la ribellione di altri Stati membri e l’ascesa dei sovranismi, essendo evidente che se un destino europeo ci deve essere questo non può limitarsi a essere un destino tedesco. Così come è evidente che, sebbene un riequilibrio dei rapporti tra Stati in seno all’Europa sia necessario, questo riequilibrio non sarà la Germania ad avviarlo. Per il semplice motivo che non ne ha evidentemente l’interesse.
Fino a oggi l’antagonista della Merkel all’interno dell’Unione Europea è stato il sopra citato Viktor Orban, presidente dell’Ungheria ma soprattutto leader del Gruppo Visegrad, il cartello dell’est formato da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e appunto Ungheria. Ma seppur l’azione di Visegrad abbia avuto il merito di scuotere la coscienza di altri paesi e di iniziare a mettere in discussione l’architettura europea, si tratta di paesi che sono demograficamente troppo poco consistenti (pur tutti insieme hanno circa 20 milioni di abitanti in meno della Germania), ed economicamente troppo poco affermati e troppo interdipendenti con la Germania da poter essere sufficienti a costruire un nuovo equilibrio. Così come, per motivi simili, non si può pensare che la rivoluzione arrivi dai Paesi del Nord Europa. E, dopo la Brexit, neppure il Regno Unito può essere preso in considerazione.
Restano però sulla scena tre Stati che rappresentano l’architrave storica e culturale del continente europeo: Spagna, Francia e Italia: l’Europa latina. Tre Paesi che hanno oggi l’occasione di recuperare la loro influenza grazie al ritorno di prepotenza del Mediterraneo al centro delle dinamiche internazionali per via del problema migratorio, degli sviluppi del continente africano e della costruzione delle nuove Vie della Seta cinesi. Essendo tuttavia la Spagna da tempo ormai ai margini dalla scena europea e internazionale, è chiaro che gli unici Stati dai quali può provenire una scossa sono Francia e Italia, i quali sembrano infatti entrambi intenzionati ad approfittare delle attuali difficoltà della Germania – alle prese con il declino della Merkel, delicati equilibri partitici interni e uno scontro geoeconomico con gli Usa – per rafforzare il proprio peso internazionale.
Francia e Italia, per importanza storica, per vicinanza geografica, per affinità culturali, per omogeneità religiosa, per interdipendenza economica, per compresenza ai più importanti tavoli geopolitici (vedi G7) e per numero di “dossier” internazionali comuni con conseguenti situazioni conflittuali, sono dunque i due Paesi perfetti per avviare una radicale riforma dell’assetto dell’Europa che smetta di essere uno spazio di predominio finanziario per realtà multinazionali e di sterile competizione tra i singoli Stati nazionali, per diventare invece uno spazio di cooperazione tra Stati sovrani che decidono autonomamente le politiche interne e che concordano una strategia internazionale e un destino comuni.
Il problema è però che Francia e Italia vivono in questo momento un aspro scontro istituzionale che rende difficilissimo trovare un terreno di costruzione comune (vedasi affaires Libia e Unicredit). Ciò perché sono oggi guidate da due visioni di Europa, quella di Macron e quella di Salvini, contrapposte: Macron sogna un totalitarismo politico/finanziario senza Patria; Salvini sogna la rinascita delle Patrie. Motivo per cui l’Europa ha bisogno che i sovranisti di Francia si muovano a trovare il modo per conquistare il governo di Francia e avviare una politica europea di interesse comune con l’Italia di Salvini.
(estratto di un articolo scritto per il magazine francese L’Incorrect e pubblicato in italiano su Il Talebano)
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