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  • vincenzosofo

LA ‘LISTA TRUMP’ E IL VECCHIO VIZIO DI DESTRA DI IMITARE (MALE) GLI ALTRI

In Toscana arriva la “Lista Trump” e si presenterà alle elezioni comunali di Carrara per poi estendersi nel resto d’Italia. Una notizia che, per chi conosce il colorito mondo della destra italiana, non stupisce affatto: era solo questione di chi e quando l’avrebbe proposta. In Italia infatti ogni secondo nasce un partito nuovo e la maggior parte di questi spuntano a destra e la maggior parte di questi sono scimmiottamenti o rievocazioni.

La cosa incomprensibile è che a destra siano tutti fissati con l’imitare gli altri. Paradossale, per un mondo politico che si definisce identitario. Vince Trump? Facciamo il partito trumpista. Vince la Le Pen? Facciamo il partito lepenista. Vince Putin? Facciamo il partito putinista. Eccetera eccetera eccetera. Se invece in quel momento non c’è nessuno al di fuori, allora la destra riesuma chi ha vinto al di dentro. E così facendo la destra è diventata comparsa.

La gioia per la vittoria di Trump in Usa e l’auspicio della vittoria di Le Pen in Francia vanno bene nell’ottica degli interessi nostri, non se figli di un feticismo per i leader stranieri, tantomeno il presupposto per un copia-incolla di questi modelli nel nostro Paese. Trump ad esempio è stato utile per stoppare le sciagurate politiche internazionali della coppia Obama-Clinton, al contempo le sue intenzioni dichiarate circa i rapporti con la Russia e l’Europa lasciano ben sperare e, in tema di famiglia, globalizzazione e immigrazione, è esempio di azioni di politica interna interessanti; ma resta pur sempre un prodotto di destra all’americana, per sua natura incastonata nel quadro di un dogma capitalista (vedasi la questione trivellazioni nella terra dei Sioux) che cozza con l’anima sociale comunitaria e – perchè no – ambientale europea. La Le Pen rappresenta in questo senso un modello certamente più vicino a noi, ma anch’esso con caratteristiche tipiche del contesto francese (vedasi lo spirito fortemente nazionalista e statalista) per loro natura meno consone al panorama italiano.

Putin, Trump e la Le Pen ci insegnano una cosa: non c’è destra vincente senza uomo forte al comando. Ma la forza di questi tre personaggi è avere una propria identità ben specifica e portare avanti un progetto politico saldamente ancorato all’identità specifica del proprio Paese. Ecco perchè invocare surrogati e imitazioni di altri può essere profittevole per ottenere visibilità, ma certamente è una mossa che allontana dalla costruzione di un progetto politico serio.

Oggi in Italia è essenziale che la metà destra del Paese faccia blocco compatto attorno a chi oggi sta permettendo a questa metà di avere ancora voce: in primis Salvini. E questa metà, se vuol dare un contributo serio non deve chiedere a Salvini (e a chi con lui) di essere Trump o di essere Putin o di essere Le Pen, bensì aiutarlo a essere il miglior Salvini possibile. Aiutandolo – ad esempio in termini di proposte politiche – a declinare il desiderio di patriottismo a fronte di un popolo figlio di feudi e comuni, una cultura forgiata dal cattolicesimo e una società sempre più stanca delle esigenze del mercato e sempre più bisognosa di ricette comunitariste, finalizzate cioè a ricostruire tra le persone una comunità.

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