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  • vincenzosofo

LE CONSEGUENZE PER L’EUROPA DEL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE (DELLE QUALI NESSUNO PARLA)



La nuova crisi tra Israele e Palestina ha un elemento di novità per noi molto rilevante ma che, tutti presi a riesumare le solite partigianerie ideologiche per gli uni o per gli altri, è passato totalmente inosservato.


A differenza del passato, dove ciò che accadeva in aree “lontane” come Medio Oriente o Caucaso era prevalentemente una questione di politica estera, oggi questi conflitti e queste instabilità stanno diventando e diventeranno sempre più un vero e proprio tema di politica interna che ci arriva fin dentro casa condizionando di conseguenza anche l’approccio internazionale da tenere.


Il motivo? Semplice, l’immigrazione.


Seppur siano passate sotto traccia, devono farci riflettere le manifestazioni di piazza scattate nei vari paesi europei con il riaccendersi del conflitto israelo-palestinese ma anche qualche mese fa riguardanti lo scontro tra Armenia e Azerbaigian nel Nagorno-Karabath. Sempre più frequenti, sempre più numerose. E se in passato i protagonisti erano movimenti di destra o di sinistra, ora a organizzarle sono le comunità immigrate (di prima, seconda o terza generazione) installatesi nei nostri territori.


Ed è qui che entra in gioco, guarda caso Erdogan, che, sempre guarda caso, si è esposto subito e con forza contro l’iniziativa israeliana.


Come ho già spiegato molte volte, l’obiettivo del presidente turco è quello di espandere il raggio di “potere” del sultano nel mondo arabo nella sua visione neo-ottomana e il fenomeno di immigrazione massiccia che sta modificando la composizione demografica dei paesi europei (vedasi l’esplosiva situazione francese) offre a Erdogan l’assist per estendere questa sua operazione non solo in Africa e Medio Oriente ma persino all’interno dell’Europa, ergendosi a leader delle comunità immigrate mussulmane presenti sul suolo europeo. Come abbiamo visto in occasione della decapitazione in Francia di Samuel Paty.

Utilizzando così l’elemento religioso, oltre a quello migratorio ed energetico, come altra arma di potere negoziale nei confronti della UE.


Una strategia dal suo punto di vista geniale. Costruita sul totale fallimento dell’Europa in termini di politica estera, di gestione delle frontiere e di strategia per il Mediterraneo. Oltre che dalla folle e suicida ideologia immigrazionista e multiculturalista. Che ora costringono i paesi europei a dover tenere conto di questo fattore di novità nella definizione delle proprie posizioni nelle crisi internazionali. Immobile nel caso della guerra in Nagorno-Karabath. Immobile nel caso delle aggressioni ai pescherecci italiani. Immobile nell’attacco migratorio subito dalla Spagna da parte del Marocco.


E immobile anche nel nuovo conflitto a Gaza, dove persino la granitica posizione ideologica filo-israeliana dei governi europei ora si scontra con la necessità di non irritare le comunità islamiche interne.


Cortocircuito.

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