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QUEL CHE CARDINI NON HA CAPITO DI SALVINI

Rispondere a Franco Cardini ha il sapore di blasfemia, ma a sto giro ha preso un mezzo granchio e qualcuno glielo deve pur dire.

L’immigrazione come oggetto per sostenere la pochezza politica di Salvini e la grandezza politica della Meloni, il primo colpevole di peccare di razzismo e la seconda meritevole di non cadere in questa cattiva tentazione. Quel che Cardini dice a proposito della necessità di uscire dal giogo dell’islamofobia e dello “All’armi, siamo invasi!” per iniziare ad affrontare le vere cause (e dunque le vere possibili soluzioni) del dramma migratorio sono ragionevoli. Meno lo sono l’attacco all’uno e la sviolinata all’altra.

Innanzitutto perché, a ben vedere, chi di recente ha lanciato la caccia al musulmano è proprio la Meloni, urlando di mettere al bando lo scrittore Buttafuoco dall’attività politica per via della sua fede in Allah. Sperando così di aizzare i reazionari proprio contro Salvini. Perché ad apprezzare e sponsorizzare il feroce saraceno è proprio lui: il leader del Carroccio.

Salvini, probabilmente, di fronte al mondo intellettuale paga ancora lo scotto del suo passato da provocatore di strada, cresciuto politicamente nei mercati più che nei salotti. E’ proprio questo ad avergli dato la capacità di interpretazione della pancia del popolo, presupposto indispensabile per fare politica. Cardini però ignora che nel frattempo Salvini è cresciuto e, già in tempi non sospetti, si è seduto al tavolo con i Massimo Fini, i Pietrangelo Buttafuoco e gli Alain De Benoist per ascoltare ragionare e proporre. Proprio a partire da Islam, Europa e Occidente, con riflessioni che avrebbero sorpreso Cardini così come hanno sorpreso coloro che hanno assistito ai convegni organizzati da Il Talebano.

Necessario è invece soffermarsi su un’affermazione dell’intellettuale toscano: la mancanza di strategia. Della quale lui accusa Salvini, ma che a voler essere più onesti è un problema della politica nostrana odierna. Perché essa paga il problema tutto democratico del doversi rimettere alla parola delle urne e dunque di dover piacere al 50% più uno degli elettori per poter governare. Ostacolo che una volta si aggirava convincendo la massa che doveva votarti, mentre ora pare che la politica abbia invertito approccio: non più guidarla ma seguirla… l’elettorato ha sempre ragione. Tutta colpa del genocidio delle ideologie, quei pacchetti contenutistici che fornivano alla politica una missione da compiere, sulla base della quale costruire la strategia tanto cara a Cardini. Se infatti in Russia, come ha fatto notare Buttafuoco, c’è un Putin – icona mondiale degli identitari – che inaugura moschee, è anche perché non si deve preoccupare troppo della democrazia.

Ma anche perché la Russia oggi ha una sua identità e una sua forza. Cosa che l’Europa e l’Italia non hanno affatto. Se è vero come è vero che la storia è un flusso costante di fenomeni migratori, è altrettanto vero che un incontro tra civiltà avviene quando esse sono sane, uno scontro quando non sono compatibili, un’invasione quando una è forte e l’altra debole. Noi oggi non siamo sani: non ci riproduciamo più, ci imbottiamo di psicofarmaci, divorziamo ogni due secondi e ci suicidiamo. Noi oggi non siamo compatibili: è dura mettere insieme Femen e Chador. Noi oggi siamo deboli: neppure sappiamo più se siamo maschi o femmine. Il problema non è che ci sia l’Islam, il problema è che in un Belgio dove i suicidi impennano e torna il bisogno di spiritualità, a riempirsi non siano più le chiese ma le moschee. E se già stiamo perdendo da soli il nostro patrimonio storico/culturale, figurarsi con l’aiuto dei forestieri. Che poi questi vengano da noi perché dalle loro parti gli abbiamo distrutto tutto è sacrosanto, ma il fatto che la colpa sia nostra (o meglio di chi agisce a nome nostro) non significa che si debba fare seppuku.

La politica, ha ragione Cardini, deve iniziare a occuparsi di tutto ciò. Ma mentre i discorsi intellettuali e metapolitici prendono forma di medio-lungo periodo nei salotti, nelle periferie il contingente è fatto di sempre più persone senza lavoro costretti a contendersi il pane e il tetto con i nuovi arrivati. E se la politica è fatta per dar risposte innanzitutto nell’immediato, lo scandalo non è dar voce a questo disagio ma ignorarlo; ma la sfida, questo sì, la si vince quando si costruisce concretamente e saggiamente l’alternativa. Per questo il contributo culturale è indispensabile e indispensabile è che – chi lo produce – si metta a disposizione.

(tratto da Barbadillo.it)

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