“L’unica Europa possibile e’ quella orgogliosa delle proprie radici culturali e religiose. Ringrazio Matteo Salvini di avercelo ricordato e di aver coronato degnamente questi ultimi anni di battaglie in difesa della Famiglia e dei valori Cristiani. Battaglie di cui vado fiero e che continuero’ a portare avanti!” Vincenzo Sofo
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Un discorso che inizia con una citazione di Chesterton e si chiude con l’affidamento della propria opera al Cuore Immacolato di Maria, passando per l’affidamento dell’Europa ai suoi sei Santi patroni e per due citazioni di San Giovanni Paolo II, una di Benedetto XVI, una di De Gasperi e una del cardinal Robert Sarah. Non si può non notare che il comizio di Matteo Salvini a Milano, l’ultimo della sua campagna elettorale, è rivolto soprattutto a un pubblico di elettori cattolici. Sarà anche l’influenza del ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, che era sul palco proprio di fianco al “capitano” Salvini, ma anche questa volta il comizio è finito con il Rosario stretto in mano.
Più di un sacerdote e vescovo, per quel Rosario mostrato in pubblico, storcerà il naso e già si scaldano coloro che parleranno di uso strumentale della religione. Perché si sta verificando un fenomeno strano: più le gerarchie della Chiesa italiana prendono le distanze da Salvini e dalla sua nuova Lega, più il “capitano” parla da cattolico ai cattolici. Non c’era mai stata così tanta presenza di tradizione cristiana nei comizi precedenti, neppure in quelli del 2018. Chesterton è stato tirato subito in ballo (e ha strappato il primo grande applauso) come indicazione di un metodo: “Un vero soldato non combatte perché ha davanti a sé qualcosa che odia. Combatte perché ha dietro di sé qualcosa che ama”. Il primo compito di Salvini è quello di disinnescare la paura di un movimento estremista. “Non siamo estremisti, non ci sono fascisti in questa piazza”, dice subito, constatando come polizia e servizio d’ordine siano presenti ma disarmati perché la piazza è fatta di gente per bene. “Gli estremisti sono quelli che occupano Bruxelles”, parte subito polemico.
Giovanni Paolo II è indicato come ispiratore di un’Europa dei popoli, fratelli diversi, uniti nella diversità. Benedetto XVI come difensore delle radici cristiane d’Europa, inascoltato dalle élite laiche di Bruxelles (e perché si opponeva alla Turchia in Europa). Viene citato anche il cardinal Sarah, “che conosce bene il tema dell’immigrazione”, perché difende l’idea che ciascuno abbia diritto di svilupparsi nella propria terra e nella propria cultura. De Gasperi, assieme a De Gaulle e a Margaret Thatcher (tre tradizioni diversissime, ma è significativo che per l’Italia compaia il padre della DC) sono presi a modello per le loro idee di Europa delle patrie. Cita Papa Francesco… e dalla piazza partono subito bordate di fischi. Ma Salvini è troppo abile (e non ha lo stesso spirito ribelle del suo predecessore Bossi) per scivolare nella provocazione: lo cita per dar ragione al papa, quando lancia l’allarme delle morti nel Mediterraneo, ma anche per rassicurare che la politica dei porti chiusi le ha ridotte drasticamente (cifre alla mano, è dimostrabile).
Che cosa vuol dire tutto questo continuo richiamo al cattolicesimo? Proprio quando la gerarchia della Chiesa italiana è sempre più esplicitamente ostile alla Lega di Salvini? Evidentemente qualcuno ha fatto i conti che la base cattolica è più vicina alle idee del nuovo leghismo sovranista che non alle indicazioni dei sacerdoti nelle parrocchie. “Ditelo al vostro sacerdote, domani a Messa, che nel Mediterraneo ci sono meno morti e che stiamo salvando vite”, è il messaggio di Salvini rivolto ai fedeli che oggi saranno a Messa a sentire omelie sulla tragedia dell’immigrazione e contro l’egoismo della Lega. E’ una sfida ardita, obiettivamente. Solo dopo il voto si potrà capire se questa scommessa è risultata vincente. Va notato, per chi segue la Lega da trent’anni a questa parte, che il vecchio leghismo nordista e bossiano è quasi del tutto scomparso. Non una parola sulle autonomie regionali. Non un solo slogan sulla secessione. C’era, in piazza, una sola bandiera padana, una sola bandiera catalana (e gli alleati spagnoli di Vox non avranno gradito neppure quella), una sola bandiera scozzese. Poche anche le bandiere regionali italiane. In compenso erano abbondanti le bandiere francesi, quelle danesi e quelle slovacche, rappresentate sul podio dai leader sovranisti di quei Paesi. Spariti anche i tricolori russi: dominanti fino al 2018 ora non si vedono più. Si nota molta più “Europa delle patrie” che “Eurasia” e nel disegno di Europa delle patrie ci sono anche cechi, slovacchi, estoni, polacchi che non sono particolarmente simpatizzanti della causa di Vladimir Putin. C’era Marine Le Pen, che ha arringato la folla prima in francese e poi in italiano, con un discorso tutto anti-capitalista e molto identitario. E’ stata la più applaudita in assoluto, a dimostrazione che lo spirito di Bossi (che citava la Le Pen solo per condannarne il nazionalismo) è proprio sparito. C’era anche Geert Wilders, un altro dei più apprezzati, il politico olandese “maledetto” dai media di tutto il mondo per la sua campagna anti-islamizzazione. E ha ribadito i suoi concetti, più e più volte: no all’islamizzazione, “stop islam”. Anche queste campagne identitarie, che Salvini promuove a livello europeo assieme ai suoi alleati sovranisti, sono comunque già secondarie rispetto al messaggio centrale: la Lega sta provando ad accreditarsi come forza maggioritaria cattolica. Vorrà diventare la nuova Democrazia Cristiana? In questi tempi strani, in assenza di un partito democristiano, popolare, conservatore, che copra lo spazio della destra moderata, potrebbe anche darsi.
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