Siamo a due mesi e mezzo dalla data delle elezioni è ancora l’Italia non ha un governo. Il gioco più in voga delle ultime settimane è stato la caccia al colpevole dello stallo, ruolo che è stato addossato a seconda delle campane a Di Maio, a Salvini e a Berlusconi ma che a detta di tutti aveva un denominatore comune: la legge elettorale.
Questo è in effetti uno dei tasti dolenti del nostro sistema politico. La legge elettorale sono “le regole del gioco” e le regole del gioco, se si vuol iniziare a dare un po’ di stabilità politica al nostro Paese, non possono cambiare ogni qual volta che ci sia da giocare in base alle convenienze dei giocatori. Devono diventare un elemento fisso, una certezza dalla quale partire per costruire un progetto.
Ma la legge elettorale non spiega tutto. Spiega il motivo per cui Lega e 5 Stelle, partite come forze in competizione, si siano ritrovate a doversi sforzare per trovare una sintesi in grado di diventare governo. Non spiega però il perché questa sintesi, anche quando sembra che si trovi, poi si areni.
La responsabilità di questo stallo è ravvisabile proprio nel Presidente della Repubblica. La figura cardine del nostro sistema politico, considerata il garante del popolo italiano nonostante la sua nomina non dipenda direttamente dal popolo italiano. Lo stallo di queste ore, quando tutti pensavano che ormai il governo con relativo programma fossero pronti, pare sia proprio opera di Mattarella: che ricevuti Salvini e Di Maio al Quirinale, ha risposto picche ad alcuni dei loro intenti programmatici. Impedendo, di fatto a chi ha l’incarico di formare un governo di decidere come far agire questo governo. Censurando la volontà popolare della quale dovrebbe essere garante.
Se il Presidente della Repubblica vuole scegliere i ministri del governo, può anche andar bene: ma allora che si faccia una vera Repubblica presidenziale.
(Pubblicato su L’Irragionevole)
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